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Le origini del borgo, caratterizzato dall’esistenza di pochissime case, risalgono, quasi certamente, ad un periodo antecedente al prosciugamento del lago del Fucino. Tra i documenti d’archivio che consentono di ricostruire storicamente le vicende di Avezzano prima del terremoto del 1915, appare davvero interessante un “Libro delle famiglie”, probabilmente scritto nel 1816, che si può ancor oggi consultare presso la sacrestia della chiesa di S. Bartolomeo.
Vi si possono leggere non soltanto i nomi dì tutti gli abitanti di Avezzano, ma anche le denominazioni date alle singole strade e alle piazze del paese. In nessun punto appare una qualsiasi denominazione che possa riferirsi a quello che noi conosciamo come Borgo Angizia (o Focetta), a meno che non lo si voglia identificare con l’Isola del Colle (o Strada del Colle), posta alle pendici del monte di Pietraquaria.
Quindi, quando e come sorge il borgo di Focetta o Pucetta? E quando esso diventa Borgo Angizia? Quasi sicuramente, il responsabile di tali denominazioni fu, nella prima metà del ‘900, lo scrittore avezzanese Giuseppe Pennazza, di cui vale la pena riportare quanto da lui scritto in “Piccola Foce” e “I racconti di Angizia”:
da “Piccola Foce”
“Il borgo… si chiama Focetta, che è un sobborgo della mia città distrutta, formato da casupole la maggior parte di creta e paglia, contro cui nulla valse la forza distruttrice del terremoto, ed è abitato da povera gente.”
da “I racconti di Angizia”
“… vi è una contrada di Avezzano che porta il mio nome: Borgo Angizia. Gli abitanti di questo luogo si salvarono nel terremoto, perché le loro case sono fatte di fango misto a paglia. Vicino a questo Borgo, alle pendici del monte di Pietraquaria, presso un vecchio camposanto abbandonato, vi è un tuo podere con un boschetto di querce annose e di piccoli quercioli nascenti. Io lì farò il mio boschetto sacro e vicino ad esso tu ricostruirai la tua casa… Così mi parlò la dea Angizia, che io non conoscevo, in una sera di primavera…, e scomparve.”
Si tratta, pertanto, di un “borgo” nato in seguito ad una suggestione poetica, perché in fondo esso non aveva nulla da spartire con quelli che abitualmente vengono chiamati “borghi”, caratterizzati da una piazza, da un castello, da una chiesa, da una lunga tradizione storico-urbanistica. Tuttavia, l’intuizione poetica di Giuseppe Pennazza si è pian piano trasformata in realtà e dove prima c’erano solo campagna e capanne è nato l’attuale Borgo Angizia, che non ha ancora il suo castello, ma ha la sua piazza, la sua chiesa, la sua precisa caratterizzazione ambientale e sociale.L’unico insediamento abitativo, fino al terremoto del 1915, era localizzato all’altezza del cosiddetto “Vicolo lungo” oggi via dei Volsci.
Il sisma non provocò vittime perché le case (tuguri) erano costruite con paglia e fango ed avevano un’altezza massima compresa tra m. 2,10 e m. 2,20.Durante la seconda guerra mondiale, negli anni 1943-44, diverse bombe caddero sul quartiere, provocando più di una vittima. Le incursioni aeree erano mirate a distruggere la ferrovia con l’intento di interrompere i collegamenti con Napoli (via Roccasecca). Già dopo il terremoto cominciarono a sorgere, in modo caotico, nuove abitazioni, fu questa una conseguenza dell’immigrazione di gente arrivata per aiutare a ricostruire la città e proveniente dai paesi e dalle regioni confinanti, tale immigrazione fu rinvigorita da quella del periodo postbellico anch’essa consistente proveniente soprattutto dal Cicolano.